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LA STORIA DEL KARATE IN BREVE

COS'E' IL KARATE?

Karate è un'arte marziale nata nelle isole Ryukyu (la cui più grande è l'isola di Okinawa), in Giappone.

Prevede la difesa a mani nude, senza l'ausilio di armi.

KARA significa vuoto

TE significa mano.

La parola giapponese karate, nel complesso, si compone di "vuoto" e "pugno", non il vuoto in sé, ma in relazione ad un lavoro, ad un'attività, cioè "mettersi all'opera per fare il vuoto".

Il termine ZEN KU, che indica lo spirito vuoto, l'assenza di ego, può essere pronunciato anche "KARA".

Il Karate si pratica attraverso il karate-do, dove "DO" significa Via, ovvero il percorso di autoperfezionamento che si intraprende attraverso questa disciplina.

Questi concetti suggeriscono che il praticante di karate dovrebbe allenare la propria mente affinché sia sgombra, vuota da pensieri di orgoglio, vanità, paura, desiderio di sopraffazione. Dovrebbe aspirare a svuotare il cuore e la mente da tutto ciò che provoca preoccupazioni, non solo durante la pratica marziale, ma anche nella vita.

"Come la superficie di uno specchio riflette qualunque cosa le stia davanti, così il karateca deve rendere vuota la sua mente da egoismo e debolezze, nello sforzo di reagire adeguatamente a tutto ciò che potrebbe incontrare"

(G. Funakoshi)

ACCENNI DI STORIA

Descrivere in modo dettagliato l'evoluzione del karate risulta difficile per mancanza di fonti storiografiche certe. Si possono solo formulare ipotesi riguardo alla nascita e alla diffusione iniziale di quest'arte marziale, utilizzando rare fonti costituite perlopiù da racconti e leggende trasmessi oralmente. Dal XIX secolo in poi, la storia risulta più chiaramente documentata.

La storia del karate parte da un arcipelago a sud del Giappone, le isole Ryūkyū, e in particolare da una di queste, l'isola più grande: Okinawa.

Non è possibile affermare con certezza se esistesse già una forma di combattimento autoctona; tuttavia, si crede che fosse già praticata un'arte "segreta": l’Okinawa-te.

L'isola di Okinawa era divisa in tre principati: Hokuzan (北山 Montagna settentrionale), Chūzan (中山 Montagna centrale) e Nanzan (南山 Montagna meridionale). Per molti secoli Okinawa –nell'arcipelago dei tre regni delle Ryu-kyu, che allora erano stati a sé, indipendenti dal Giappone – aveva mantenuto rapporti commerciali con la provincia cinese di Fukien e fu così, probabilmente, che conobbe alcune arti marziali cinesi come il kempo o chuan-fa / Quanfa («Via del pugno») - nato secondo la tradizione nel monastero di Shàolín-sì- modificandolo col passare degli anni secondo metodi locali.

Shō Hashi (soprannominato Shang Bazhi), re di Chuzan, nel 1429 unificò i tre regni di Okinawa e in seguito anche tutti i regni delle Ryu-kyu. Poco più tardi, Sho Shin (che regnò dal 1478 al 1526), per mantenere la pace, intorno al 1500 vietò il possesso di armi, che furono raccolte e chiuse in un magazzino del castello di Shuri.

Dopo la battaglia di Sekigahara, il clan vittorioso dello shogunato Tokugawa concesse al clan Shimazu, che governavano il bellicoso feudo di Satsuma nell'isola di Kyūshū, di occupare le Ryu-kyu: 3 000 samurai compirono l'invasione senza incontrare valida resistenza (1609).

Poiché fu rinnovato il divieto di possedere armi e persino gli utensili di uso quotidiano come bastoni e falcetti dovevano essere chiusi nei magazzini durante la notte, gli abitanti si dedicarono in segreto allo studio di una forma di autodifesa da usare contro gli invasori.

Nacque così la scuola Okinawa-te («mano di Okinawa»), detta anche tode («mano cinese», dove l'ideogramma to caratterizza la dinastia Tang), che si differenziava in tre stili: Naha-te, sul modello del kung-fu / gongfu della Cina meridionale, Shuri-te e Tomari-te, sul modello del kung-fu / gongfu della Cina settentrionale. Va precisato che Naha era la capitale dell'isola di Okinawa, Shuri la sede del castello reale e Tomari la zona del porto (oggi Shuri e Tomari sono quartieri di Naha)[senza fonte].

L'ideogramma te (手) letteralmente indica la parola "mano", ma per estensione può anche indicare "arte" o "tecnica"; il significato di Okinawa-te, quindi, è "arte marziale di Okinawa".

Essa era praticata esclusivamente dai nobili, che la tramandavano di generazione in generazione. Secondo le credenze popolari, come detto sopra, la nascita del karate è dovuta alla proibizione dell'uso delle armi nell'arcipelago delle isole Ryūkyū.

Ciò è vero solo in minima parte, in quanto l'evoluzione di quest'arte marziale è molto più lunga e complessa. Nei secoli XVII e XVIII le condizioni dei nobili di Okinawa cambiarono notevolmente; l'improvviso impoverimento delle classi alte fece sì che gli esponenti di queste ultime incominciassero a dedicarsi al commercio o all'artigianato. Fu grazie a questo appiattimento tra i due ceti che l'arte "segreta" incominciò a penetrare anche al di fuori della casta dei nobili[senza fonte].

La conoscenza del te restava uno dei pochissimi segni di appartenenza passata a un'elevata posizione sociale. Per questo motivo i nobili, ormai divenuti contadini, tramandavano quest'arte a una cerchia ristrettissima di persone, quasi in modo esoterico.

Così facendo si è avuta una dispersione dell'arte originale e furono gettate le basi per i vari stili di karate. Per la nascita del tode furono fondamentali anche le arti marziali cinesi: le persone che si recavano in Cina, anche per due o tre anni, avevano modo di studiare le arti marziali del luogo e, in molti casi, cercarono di apprenderle; però le arti marziali cinesi si basavano su concetti filosofici e su un'elaborata concezione del corpo umano, pertanto era impossibile imparare le arti cinesi nello spazio di un solo viaggio, e con ciò i viaggiatori giapponesi appresero quel che potevano.

Si pensa quindi che sia stata possibile una sorta di fusione tra le arti arrivate dalla Cina, che comunque costituivano uno stile non metodico, e il te okinawense. Una prova di questo importante scambio culturale tra Okinawa e Cina è fornita da un maestro vissuto in epoca successiva, Ankō Itosu. In uno scritto di suo pugno vede le origini del karate nelle arti cinesi e sottolinea come non abbiano influito né il Buddhismo né il Confucianesimo.

Il primo maestro delle Ryu-kyu fu Kanga Sakugawa di Shuri (1733-1815), signore di Okinawa ed esperto di te; era soprannominato “Tode” perché combinò il kempo, da lui studiato in Cina, con le arti marziali di Okinawa. Egli fu il primo maestro che provò una razionalizzazione e una codificazione delle arti diffuse a Okinawa. Tuttavia trascorse ancora qualche decennio prima dello sviluppo di una vera e propria scuola di tode.

Il fondatore di questa scuola fu il suo allievo Sōkon Matsumura (1809-1901); egli fu maestro del grande Ankō Asato (o Azato 1827-1906), a sua volta maestro di Gichin Funakoshi (1868-1957).

Il suo stile di tode era chiamato Shuri-te (arte marziale di Shuri) in quanto Matsumura era residente proprio nella città di Shuri.
Egli basò il proprio insegnamento su tre punti fondamentali: la pratica dell'arte autoctona di Okinawa, l'arte giapponese della spada (Jigen-ryū) e la pratica delle arti cinesi. Nacque così il vero e proprio tode.


Ankō Itosu, nonno del karate moderno
Anko Itosu (1832-1916), allievo esterno di Matsumura, grande amico di Azato e anch'egli maestro di Funakoshi, introdusse il to-de nelle scuole di Okinawa e mise a punto i cinque kata detti Pinan (presenti nel karate degli stili come il Wado-Ryu e Shito-Ryu; questi kata cambiarono poi il nome in Heian[10]).

Il primo maestro di Okinawa a recarsi in Giappone fu Motobu Chōki di Shuri (1871-1944), straordinario combattente, ma illetterato, che perciò non ottenne grande successo come insegnante. Solo più tardi, con l'arrivo dell'allievo Funakoshi, divenuto poi maestro, l'Okinawa-te poté diffondersi nel paese del Sol Levante.

Si dice che il primo maestro di Naha-te fosse Higaonna Kanryō, noto anche come Higashionna (1853-1915; secondo alcune fonti la nascita sarebbe nel 1840). Kanryio Higaonna aiutò molto Funakoshi nella diffusione del karate in Giappone. Con questa diffusione, l'Okinawa-te divenne così il karate.

Gichin Funakoshi nacque a Shuri. Bambino gracile e introverso, si appassionò alle arti di combattimento: studiò con Azato, padre di un suo compagno di scuola e maestro di svariate arti marziali, poi con Itosu, quindi con Matsumura. Era non solo un abile calligrafo, ma conosceva anche i classici cinesi; pertanto nel 1888 cominciò a insegnare in una scuola elementare.

Nel 1921 passò per Okinawa il principe Hirohito, diretto in Europa, e nel castello di Shuri, Funakoshi organizzò un'esibizione che fu molto apprezzata. Lasciato l'insegnamento, nella primavera del 1922 Funakoshi fu scelto per eseguire una dimostrazione di karate alla Scuola Normale Superiore Femminile di Tokyo, ove si stabilì.

Nel 1922 scrisse "Ryu-kyu kempo": karate (karate significava ancora «mano cinese» e i nomi dei kata erano quelli originari di Okinawa). Nel 1935 pubblicò "Karate-do kyohan", molti anni dopo tradotto dal maestro Tsutomu Ōshima.

I primi anni furono difficili soprattutto sotto l'aspetto economico.

 

Nel 1931 il karate fu ufficialmente riconosciuto dal Dai Nippon Butoku Kai, l'organizzazione imperiale per l'educazione della gioventù. Dopo aver utilizzato un'aula del Meisei Juku (un ostello per studenti di Okinawa nel quartiere Suidobata), per qualche tempo Funakoshi fu ospite nella palestra del maestro di scherma Hiromichi Nakayama.

Nel 1936, grazie al comitato nazionale di sostenitori del karate, venne costruito il dojo Shotokan («casa delle onde di pino») a Zoshigaya, sobborgo del quartiere speciale di Toshima a Tokyo. “Shoto” era lo pseudonimo che Funakoshi usava da giovane nel firmare i suoi poemi cinesi, "kan" invece vuol dire "sala".

Per facilitare la diffusione del karate in Giappone, gli ideogrammi tode e te, vennero assemblati. Si ottenne così la parola tote, ma l'ideogramma to, che si leggeva anche "kara" (ma col significato di «vuoto» sia nel senso di «disarmato», sia in riferimento allo stato mentale del praticante, concetto Zen di mu-shin), fu cambiato con questa lettura. Pertanto l'ideogramma finale risultò karate. Vennero inoltre cambiati in giapponese i nomi originali delle tecniche e dei kata per renderli più comprensibili.

Nel dopoguerra il generale Douglas MacArthur proibì la pratica delle arti marziali, ritenute l'anima dello spirito militarista nipponico, ma a poco a poco l'interesse per il karate crebbe anche in Occidente e Funakoshi fu ripetutamente invitato a dare dimostrazioni.

Funakoshi lasciò la direzione dello stile Shotokan al figlio Yoshitaka, che trasformò profondamente lo stile elaborato dal padre, inserendovi attacchi lunghi e potenti, che facevano uso di nuove tecniche di calci. Yoshitaka morì di tubercolosi nel 1945.

 

Ricordiamo che la diffusione del karate nel Giappone si deve ai maestri Funakoshi e Higaonna, ma la diffusione di esso in tutto il mondo occidentale, si deve a un allievo di Chōjun Miyagi (che era un allievo di Higaonna): Jitsumi Gōgen Yamaguchi.

Dal karate nacquero poi diverse correnti di pensiero e il karate si divise così in vari stili.

FILOSOFIA

Gichin Funakoshi interpretò il "kara" del karate-dō con il significato di "purificare sé stessi da pensieri egoisti e malvagi, perché solo con una mente e coscienza limpida il praticante può comprendere la conoscenza che riceve". Funakoshi riteneva che il karateka doveva essere "interiormente umile ed esternamente gentile". Solamente comportandosi umilmente si può essere aperti alle molte lezioni del karate. Questo può essere fatto solamente attraverso l'ascolto e attraverso la ricezione delle critiche. Egli considerava la cortesia di primaria importanza. Diceva che "il karate viene propriamente applicato solo in quelle rare situazioni in cui uno deve davvero atterrare qualcuno o essere da lui atterrato". Funakoshi ha ritenuto insolito per un appassionato l'utilizzo del karate in uno scontro fisico reale più di una volta nella vita. Egli disse che i praticanti di karate "non devono mai essere facilmente trascinati in una lotta". Resta inteso che un colpo scagliato da un vero esperto potrebbe significare la morte. Risulta chiaro che coloro i quali fanno un uso distorto di ciò che hanno imparato portano disonore a sé stessi.

I venti principi fondamentali dello spirito del karate insegnati dal maestro Gichin Funakoshi sono:

1- Non dimenticare che il karate-dō comincia e finisce con il saluto. (一、空手は礼に初まり礼に終ることを忘るな 。)
2- Nel karate non esiste iniziativa (Karate ni sente nashi), (二、空手に先手無し。).
3- Il karate è dalla parte della giustizia (三、空手は義の補け。).
4- Conosci prima te stesso, poi gli altri (四、先づ自己を知れ而して他を知れ。).
5- Lo spirito viene prima della tecnica (五、技術より心術。).
6- Libera la mente (il cuore) (六、心は放たん事を要す。).
7- La disattenzione è causa di disgrazia (七、禍は懈怠に生ず。).
8- Il karate non si vive solo nel dōjō (八、道場のみの空手と思うな。).
9- Il karate si pratica tutta la vita (九、空手の修行は一生である。).
10- Applica il karate a tutte le cose, lì è la sua ineffabile bellezza (十、凡ゆるものを空手化せ其処に妙味あり。).
11- Il karate è come l'acqua calda, occorre riscaldarla costantemente o si raffredda (十一、空手は湯の如く絶えず熱を与えざれば元の水に返る。).
12- Non pensare a vincere, pensa piuttosto a non perdere (十二、勝つ考えは持つな、負けぬ考えは必要。).
13- Cambia in funzione del tuo avversario (十三、敵に因って転化せよ。).
14- Nel combattimento devi saper padroneggiare il Pieno e il Vuoto (十四、戦は虚実の操縦如何にあり。).
15- Considera mani e piedi dell'avversario come spade (十五、人の手足を劔と思え。).
16- Oltre la porta di casa, puoi trovarti di fronte anche un milione di nemici (十六、男子門を出づれば百万の敵あり。).
17- La guardia è per i principianti; più avanti si torna alla posizione naturale (十七、構えは初心者に、あとは自然体。).
18- I kata vanno eseguiti correttamente; il combattimento è altra cosa (十八、型は正しく、実戦は別もの。).
19- Non dimenticare dove occorre usare o non usare la forza, rilassare o contrarre, applicare la lentezza o la velocità, in ogni tecnica (十九、力の強弱、体伸縮、技の緩急を忘るな。).
20- Sii sempre creativo (二十、常に思念工夫せよ。).

L'ABITO

In quasi tutte le arti marziali è uso allenarsi indossando un abito adeguato, chiamato gi (pronuncia: ghi); nel karate, quest'abito è il karate-gi, composto da una giacca (uwagi), da un paio di pantaloni (zubon) di cotone bianco e da una cintura (obi) il cui colore designa il grado raggiunto dal praticante non dal punto di vista fisico ma dal punto di vista della preparazione mentale e dell'esperienza.

Oltre al termine specifico "karate-gi", l'abito per la pratica del karate può essere chiamato genericamente "keikogi" o "dogi"; mentre completamente sbagliato, ma molto in voga, è il termine "kimono". Questa antica parola della lingua giapponese, che originariamente significava semplicemente "abito", ai nostri giorni viene usata per indicare uno specifico tipo di vestito tradizionale che nulla ha a che vedere con la pratica delle arti marziali.

Fu il maestro Gichin Funakoshi ad adottare per primo l'uso del "karate-gi". Infatti, in occasione della prima dimostrazione al Budokan di Tokyo, lui e un suo allievo indossarono un abito fatto da Funakoshi stesso la notte precedente, ispirandosi al modello del judo-gi e utilizzando, però, una tela più leggera e comoda. Il colore bianco è quello naturale del cotone non tinto, essendo questo un abito semplice e umile.

Regole di karate-gi: per gli atleti di Kata (Combattimento immaginario con uno o più avversari), il keikogi è più duro e si può portare anche corto; per gli atleti di Kumite (Combattimento libero) invece, il keikogi è più leggero e deve essere lungo fino alle caviglie.

In molte arti del Budō (Kendō, Kyudo, Aikidō), per esercitarsi si indossa, invece, una gonna-pantalone (hakama) tipica giapponese ma mai utilizzata a Okinawa.

Si pratica a piedi scalzi.

Testo preso interamente da Wikipedia

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